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Mali: Timbuktu sotto assedio

Timbuktu sotto assedio: i combattenti jihadisti bloccano le strade e tagliano le forniture.

Lunedì i jihadisti hanno bloccato tutte le vie di accesso, sigillando di fatto tutte le strade dentro e fuori dalla città maliana situata ai margini del deserto del Sahara.

All'inizio di questo mese, con dei messaggi sui social media attribuiti a un comandante di Jamaʿat Nuṣrat al-Islām wa-l muslimīn (JNIM), un'organizzazione militare e terrorista di ideologia salafita jihadista che ha legami con Al Qaeda, è stata “dichiarata guerra” alla regione di Timbuktu.

Timbuktu, una delle grandi meraviglie del mondo.

Una città che vanta un passato di gloria e ricchezza che ancora vive nel lascito culturale che si respira.

Il grande tesoro della città è costituito dalle decine di migliaia di manoscritti risalenti al periodo tra il dodicesimo e il sedicesimo secolo, che si sono salvati quasi interamente dalla furia jihadista del 2012-2013, grazie al coraggio del bibliotecario Adbel Kader Haiara. Nonostante gli sforzi di Haiara, nel gennaio 2013 i miliziani di Al Qaeda diedero fuoco all’Istituto Ahmed Baba di Timbuktu che conservava quasi 100mila manoscritti. Dopo le biblioteche, i jihadisti passarono ai monumenti.

Ahmad al Mahdi, membro di JNIM e capo della polizia morale, diede il via alla distruzione di dieci mausolei, tra cui quelli di Sidi Mahamoud Ben Omar Mohamed Aquit, Sheik Mohamed Mahmoud Al Arawani, Sheik Sidi Mokhtar Ben Sidi Muhammad Ben Sheik Alkabir e la porta della moschea Sidi Yahia.

Oggi più che mai è reale l’espansione dei gruppi jihadisti in Africa che stanno, sempre più rapidamente, consolidando il Califfato del Sahel nell’immobilismo internazionale pervaso da una perdurante cecità geopolitica.


(Fonte immagine: Google maps)

Sahel: il futuro del Califfato

«Gli sforzi per combattere i gruppi armati legati all'ISIS, ad al-Qaeda e ad altre reti terroristiche, non sono riusciti a fermare la loro espansione nella regione africana del Sahel.»

Questo è quanto ha dichiarato Martha Pobee, l'assistente segretario generale delle Nazioni Unite per l'Africa, aggiungendo che senza un maggiore sostegno internazionale e di cooperazione regionale, l'instabilità aumenterà verso i Paesi costieri dell'Africa occidentale.

Una forza antiterrorismo, ora composta da Burkina Faso, Ciad, Mauritania e Niger, ha perso il Mali un anno fa quando i suoi generali al potere hanno deciso di ritirarsi.

Pobee ha criticato la comunità internazionale dicendo che la mancanza di finanziamenti sufficienti non consentirà di avere la capacità di aiutare a stabilizzare la regione del Sahel.

Eric Tiaré, segretario esecutivo della forza nota come G5 Sahel, ha affermato che gli esperti hanno finalizzato un nuovo concetto di operazioni, che sarà presentato al suo consiglio di difesa e poi all'Unione africana per essere approvato.

Tiaré ha dichiarato: «Dato che il Sahel è a un bivio, poiché sta vedendo molte minacce alla pace e alla sicurezza internazionali, è assolutamente vitale fornire supporto per cercare di contrastare il terrorismo».

Il capo dell'antiterrorismo delle Nazioni Unite, Vladimir Voronkov, ha detto al Consiglio di sicurezza a gennaio che l'espansione dell'ISIS nelle regioni dell'Africa centrale, meridionale e del Sahel è “particolarmente preoccupante”.

Lo scorso agosto, l'esperto di sicurezza africano Martin Ewi ha detto che almeno 20 paesi africani stavano vivendo direttamente l'attività dell'ISIS e più di altri 20 sono stati utilizzati per la logistica e per mobilitare fondi e altre risorse.

Ewi, che coordina un progetto di criminalità organizzata transnazionale presso l'Istituto per gli studi sulla sicurezza nella capitale del Sudafrica, ha aggiunto che l'ISIS sta crescendo di giorno in giorno in Africa e il continente potrebbe essere “il futuro del califfato”.


(Fonte immagine: aljazeera)

Sahel: il nuovo Califfato

L'Agenzia di informazione statale del Burkina Faso ha comunicato che diversi attacchi jihadisti hanno causato la morte di almeno 32 persone, tra cui soldati e civili, lo scorso fine settimana.

15 persone, sono state prima sequestrate e poi trovate morte, mentre quattro persone sono state giustiziate da uomini armati che hanno intercettato il loro furgone tra i villaggi di Tenkodogo e Ouargaye.

Le uccisioni si sono verificate mentre il Burkina Faso, e le nazioni vicine del Mali e del Niger, combattono contro gruppi armati legati ad Al-Qaeda e all’ISIL che hanno occupato il territorio del Nord del Paese, giustiziando centinaia di abitanti dei villaggi e sfollando quasi 2 milioni di persone dal 2015.

Più di un terzo del Burkina Faso ormai fuori dal controllo del governo nazionale.

Nel frattempo, migliaia di manifestanti si sono riuniti nella capitale Ouagadougou, il 28 gennaio, per sostenere la decisione del governo di ordinare alla Francia di ritirare entro un mese i circa 400 soldati attualmente presenti nel Paese africano per aiutare a combattere i jihadisti.

La stessa decisione è stata presa anche dal governo del vicino Mali.

La presenza francese nelle sue ex colonie, benché mossa da interessi economici, è riuscita nel tempo ad arginare la furia jihadista.

Da quando il 30 settembre 2022 il comandante dell’esercito, Ibrahim Traore, ha preso il potere, la presenza francese in Burkina Faso è stata dichiarata “non gradita”.

Il 25 gennaio la Francia ha accettato di ritirare il suo contingente dall’area in cui i gruppi criminali si sono ormai sovrapposti a quelli jihadisti.

In tale scenario, senza una reale forza di opposizione, è possibile ipotizzare un allargamento dell’egemonia jihadista nel Sahel che inevitabilmente condurrebbe alla probabile creazione di un nuovo, seppur diverso, Califfato.


(Fonte immagine: britannica.com)