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Angelo Galantino

Attentato in Austria: il sorriso del Jihad e il (non) attentato di Parigi.

2025-02-15 21:27

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Geopolitica, Isis, Jihad, Attentato, Siria, Austria, Parigi,

Attentato in Austria: il sorriso del Jihad e il (non) attentato di Parigi.

Sorride con fierezza dopo aver adempiuto al jihad, tenendo il dito in alto a simboleggiare il Tawhid.


Così si conclude l’ennesima intensa giornata per il fragile Occidente che sta cadendo sotto i ripetuti colpi delle lame (e delle auto) del terrorismo islamista.


Oggi, 15 febbraio, un siriano di 23 anni si è scagliato contro le persone in strada colpendole con un coltello.


Il bilancio dell’attacco è di un morto e 4 feriti. La vittima è, ancora una volta, un ragazzo di 14 anni. Prosegue dunque, come già evidenziato, la linea strategica degli attacchi che mira a mietere giovani vittime.


Anche la nazionalità (siriana) dell’aggressore è sintomatica del senso di appartenenza al “Nuovo Califfato” di Al-Jolani in quella che l’Occidente continua, con negligenza, a chiamare semplicemente Siria.


L’ennesimo uso dell’arma bianca segue, inoltre, lo spartito dettato da Muhammad Al-Adnani nel settembre 2014: «Se non siete in grado di procurarvi un ordigno o armi, scegliete un infedele americano, francese o qualunque altro loro alleato e rompetegli la testa con una pietra, accoltellatelo o investitelo con un’automobile».


Ufficialmente la matrice dell’attacco non è stata ancora classificata come terroristica.


Non sorprenderebbe dunque se venissero attribuiti moventi diversi da quelli islamisti in un presumibile tentativo di stemperare una eventuale ondata di panico tra la popolazione europea o per non dover ammettere il fallimento delle politiche di sicurezza europee.


Non a caso, l’attentato dello scorso 3 febbraio a Parigi è stato classificato come una “mera azione di uno squilibrato”.


Nella stazione di Gare de Lyon, Sagou Gouno Kassogue, un cittadino maliano con regolare permesso di soggiorno e patente rilasciata in Italia, ha accoltellato tre persone e ha dato fuoco al suo zaino prima di essere arrestato.


Attribuire, più o meno volontariamente, azioni terroristiche a disturbi psichiatrici o semplificarli come “il gesto di un folle” è assolutamente riduttivo e oltremodo pericoloso.


Il rischio è quello di fornire una “causa di giustificazione” a chi compie atrocità in modo spietato.


Il terrorismo di matrice islamista non può mai essere derubricato a mera azione di un folle.


Diversamente i veri folli saremmo noi.




(Fonte immagine: irishstar.com)