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Operazione Aspides e gli Houthi: facciamo chiarezza.

Il membro dell'ufficio politico degli Houthi, Mohammed al-Bukhaiti, ha dichiarato:

«Noi non consideriamo l'Italia un Paese ostile, ma se partecipa all'aggressione diretta contro lo Yemen, insieme all'America e alla Gran Bretagna, allora si pone in una posizione di ostilità. A meno che non si consideri il bombardamento di Roma da parte di un Paese straniero come un'azione positiva».

Chi sono gli Houthi? Quanto c’è da temere?

Il termine Houthi si riferisce al movimento Ansar Allah, noto anche come Ansarullah, che significa “partigiani di Dio” in arabo. Il movimento houthi si è dato questo nome nel 2011 durante la “primavera yemenita” per parlare a tutti gli yemeniti. Si tratta di un gruppo armato e politico che si trova nell'estremo nord dello Yemen e che è legato al nome di una famiglia, gli Houthi, che ha avuto un ruolo di leadership cruciale nella sua storia fin dall'inizio degli anni '90.

Il movimento Houthi è composto principalmente da combattenti della confessione zaydita, una branca minoritaria dell'islam sciita. Nel 1992 viene fondata la “Gioventù credente” (al-Shabāb al-muʾmin) nel governatorato di Sa'ada, nel nord dello Yemen, con l'obiettivo di portare avanti la rinascita dello zaydismo nel paese e farne cessare l'emarginazione politico-religiosa. Il gruppo è noto per le sue posizioni marcatamente anti-USA e anti-Israele e ha combattuto contro il regime di Ali Abdallah Saleh, presidente e dittatore dello Yemen dal 1990 al 2012. Gli Houthi hanno preso il controllo di importanti parti del paese e hanno combattuto contro il governo yemenita fino a un cessate il fuoco nel 2010 (le guerre Sa’da).

Nel 2015, gli Houthi sbaragliarono i filogovernativi e presero con la forza i palazzi del potere. Il presidente Abd Rabboh Mansur Hadi riuscì a mettersi in salvo ma l'ex capo di Stato Saleh fu ucciso nel 2017 in un tentativo di fuga da San'a. Nel biennio 2014-15, si cristallizzò uno scenario politico-militare bipolare in Yemen, con gli Houthi sostenuti dall'Iran e il governo riconosciuto dalla comunità internazionale spalleggiato da una coalizione internazionale guidata dall'Arabia Saudita. L'esecutivo guidato da Hadi lasciò la capitale San'a per trasferirsi nella città portuale di Aden.

Attualmente, tralasciando la questione del Consiglio di transizione del sud, lo Yemen è diviso in due parti pressoché autonome: una controllata dagli Houthi ed una sotto il controllo del Consiglio Presidenziale dello Yemen guidato da Rashad al-Alimi succeduto ad Hadi.

Nel maggio 2022 c’è stato l’invio di numerose truppe statunitensi in Somalia.

Ufficialmente per combattere il gruppo terroristico di Al-Shabaab.

La realtà era però diversa (per approfondimenti https://www.facebook.com/share/p/vLqMD7pm7Q5ixvyV/?mibextid=WC7FNe).

La Somalia è difronte allo Yemen, Paese fondamentale nello scacchiere geopolitico dell’area.

Lo Yemen, che è il Paese più povero del mondo e non solo del Medio Oriente, rappresentava già allora un obiettivo statunitense in ragione del sostegno iraniano al movimento sciita degli Houthi.

Dall’altra parte, Arabia Saudita e, più o meno pubblicamente, Stati Uniti bombardano lo Yemen dal 2015 per evitare che si installi definitivamente un governo filoiraniano.

La vera ragione dell’interesse globale verso quell’angolo polveroso e povero del mondo è sempre stata ben lontana da motivi religiosi (contrasto sciiti-sunniti), democratici o umanitari.

La ragione reale, che tutto il mondo ora comprende e del quale avevo già scritto (https://www.facebook.com/share/p/pBwMBj58EoLuykD1/?mibextid=WC7FNe), risiede nell’importanza strategica ed economica dello stretto di Hormuz.

A novembre dello scorso anno, il generale di brigata Yahya Saree, portavoce delle forze armate yemenite Houthi, aveva annunciato, dalla capitale Sana'a, la promessa di un forte sostegno al popolo palestinese nei territori occupati con il lancio di un numero considerevole di missili balistici insieme a numerosi droni, prendendo di mira varie località nei territori palestinesi occupati.

Con quella dichiarazione di guerra, lo Yemen era entrato ufficialmente nel conflitto israelo-palestinese con l’obiettivo che Saree aveva riassunto dicendo «Continueremo a effettuare attacchi di qualità superiore utilizzando missili e droni fino a quando l'aggressione di Israele non si fermerà».

Oggi stiamo assistendo a ciò che il governo Houthi aveva anticipato e le cui dichiarazioni non avevano avuto il giusto risalto sui media europei.

Come narrato in un articolo di quel periodo (https://www.angelogalantino.com/blog/lo-yemen-dichiara-guerra-a-israele), l’entrata ufficiale dello Yemen nel conflitto israelo-palestinese, avrebbe portato ad ulteriori conseguenze nel medio periodo con lo scontro religioso, politico e militare dei due blocchi in cui l’Iran è il Paese leader del mondo sciita mentre l’Arabia Saudita lo è di quello sunnita.

Nello scenario del Medio Oriente, si battono per la supremazia in una guerra che va oltre i confini dei due Paesi.

Entrambi finanziano moschee e università o armano formazioni militari.

Una profonda rivalità che trasuda di interessi economici come visto per il controllo dello Stretto di Hormuz in cui ogni giorno passano 21 milioni di barili di petrolio, oltre il 20% dell’intero consumo mondiale.

Una rivalità accentuata con gli accordi di Abramo e la normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Arabia Saudita.

Ad oggi gli Houthi hanno attaccato solo navi statunitensi o altre navi che portavano equipaggiamenti ad Israele.

Non sono stati segnalati attacchi a mercantili europei diretti altrove tanto che al-Bukhaiti ha dichiarato che “l'obiettivo degli attacchi nel Mar Rosso non è quello di affondare o sequestrare le navi legate allo Stato ebraico piuttosto spingerle a cambiare rotta per aumentare il costo economico per Israele”.

Gli Houthi rappresentano tecnicamente il governo dello Yemen o quantomeno una parte del paese.

Farli passare per dei meri briganti ed equipararli ai pirati somali è, nella migliore delle ipotesi, un errore di narrazione geopolitica.

Nella peggiore è una distorsione di comodo volta ad accettare una risposta armata da parte di Paesi che, teoricamente, non potrebbero.

Attaccare gli Houthi, piaccia o non piaccia, equivale a dichiarare guerra allo Yemen.

Ciò renderebbe inevitabilmente l’Italia un obiettivo militare, soprattutto per quanto concerne le navi impegnate nell’operazione “Aspides” e le truppe schierate in Libano.

Lo Yemen dichiara guerra a Israele

In una significativa escalation del conflitto in corso a Gaza, il movimento Ansarullah dello Yemen ha dichiarato guerra al regime sionista israeliano.

Il generale di brigata Yahya Saree, portavoce delle forze armate yemenita, martedì ha annunciato dalla capitale, Sana'a, la promessa di un forte sostegno al popolo palestinese nei territori occupati.

Il generale Saree ha dichiarato che lo Yemen ha lanciato un numero considerevole di missili balistici insieme a numerosi droni, prendendo di mira varie località nei territori palestinesi occupati. Ha sottolineato che questa operazione è stata la terza di una serie di azioni per sostenere i loro fratelli palestinesi.

Con questa dichiarazione di guerra, lo Yemen è entrato ufficialmente nel conflitto israelo-palestinese, aumentando la posta in gioco in una regione già precaria.

In un severo avvertimento, il generale Saree ha dichiarato: «Continueremo a effettuare attacchi di qualità superiore utilizzando missili e droni fino a quando l'aggressione di Israele non si fermerà».


Per meglio comprendere l’importanza di questa notizia, è necessario conoscere il conflitto yemenita.

Lo Yemen è il Paese più povero del mondo e non solo del Medio Oriente ed è devastato da una terribile guerra civile scatenata dal movimento sciita Houthis, legato all’Iran.

Dall’altra parte, Arabia Saudita e, più o meno pubblicamente, Stati Uniti bombardano lo Yemen dal 2015 per evitare che si installi un governo filoiraniano.

L’Iran è il Paese leader del mondo sciita mentre l’Arabia Saudita lo è di quello sunnita.

Nello scenario del Medio Oriente, si battono per la supremazia in una guerra che va oltre i confini dei due Paesi.

Entrambi finanziano moschee e università o armano formazioni militari: l’Iran, ad esempio, lo fa per Hezbollah in Libano e per gli Houthi in Yemen.

Una profonda rivalità che trasuda di interessi economici come il controllo dello Stretto di Hormuz in cui ogni giorno passano 21 milioni di barili di petrolio, oltre il 20% dell’intero consumo mondiale.

Una rivalità accentuata con gli accordi di Abramo e la normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Arabia Saudita.

Questa breve spiegazione fornisce, in parte, la risposta alla domanda: perché il blocco sciita (Iran, Libano, parte dello Yemen, ecc) è schierato in favore della Palestina?

«Il nemico del tuo amico, è mio amico».

Ciò è evidentemente scevro da connotazione meramente religiose ed è in questo che sta sbagliando l’opinione pubblica occidentale: trasformare un conflitto politico in una guerra tra religioni e culture è semplicemente assurdo e folle.



(Fonte immagine e notizia: samaa.tv)