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La mattanza di Mogadiscio.

È di almeno 32 morti e 63 feriti il bilancio dell’attacco, rivendicato da al-Shabab, che la notte del 3 agosto ha preso di mira la spiaggia “Lido Beach” di Mogadiscio.

I terroristi sono arrivati dal mare con una strategia simile a quella adoperata a Sousse.

L’attacco sarebbe iniziato intorno alle 19.30 con un primo assalitore che si sarebbe fatto esplodere mentre gli altri avrebbero aperto il fuoco sulle persone presenti.

I video mostrano decine di morti e feriti sulla spiaggia.

Un secondo commando composto da almeno 4 persone avrebbe tentato di fare irruzione in un hotel poco lontano. L’intervento delle forze di sicurezza ha impedito che i miliziani di al Shabaab potessero compiere un ulteriore strage.

Lido Beach è una delle spiagge più note e frequentate di Mogadiscio, anche da turisti e personale diplomatico e governativo e negli anni scorsi è stata teatro di diversi attentati terroristici. L’ultimo nel giugno 2023, quando alcuni terroristi di al-Shabaab  presero d’assalto un hotel sulla spiaggia.

Lo scenario del Golfo di Aden è in perenne evoluzione per la sua centralità strategica e per le nuove risorse energetiche.

La Somalia, in particolare, è un campo di battaglia su più fronti.

Il Somaliland, ex territorio britannico, ha dichiarato la propria indipendenza dalla Somalia nel 1991, atto non riconosciuto dalla comunità internazionale.

Il 28 dicembre, il Governo somalo, ha respinto la richiesta dei diritti petroliferi in Somaliland della Genel Energy, compagnia con sede nel Regno Unito.

Al tempo stesso non si placa l’offensiva del gruppo jihadista al-Shabaab tanto che pochi giorni fa, la Turchia ha approvato una mozione  per dispiegare le sue forze armate in quel Paese.

La Somalia è caratterizzata da una forte instabilità, con al-Shabaab che costituisce la principale minaccia. Dal 2007, il gruppo jihadista si è impegnato in una violenta campagna contro il governo somalo e le forze internazionali che lo supportano, causando migliaia di vittime.


Fonte: sonna.so

Attentati di Madrid: 20 anni dall’evento che segnò l’inizio del terrore jihadista in Europa.

Ieri ricorreva il ventennale degli attentati di Madrid dell'11 marzo 2004, anche conosciuti come 11-M.

Quel giorno una serie di attacchi terroristici di matrice islamista sferrati nella capitale spagnola a diversi treni locali, provocarono 192 morti (di cui 177 nell'immediatezza degli attentati) e 2.057 feriti. Sono considerati i più gravi attacchi alla popolazione civile dopo la seconda guerra mondiale, insieme agli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, allʼinterno dei confini dell'Unione europea.

Al-Qaeda rivendicò la responsabilità degli attacchi, affermando che erano una risposta al coinvolgimento di Madrid nella seconda guerra del Golfo.

Prima di allora l’Europa aveva sottovalutato il pericolo jihadista ritenendo improbabili attacchi sul suolo europeo.

(Fonte immagine: elpais.com)


Fante, cavallo e Re: sulla scacchiera Saleh al-Arouri, Abdullah al-Jundi e la strage di Kerman.

Il 2 gennaio scorso, alla vigilia dell’incontro con il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, una incursione aerea a Beirut, in Libano, ha ucciso Saleh al-Arouri, il vice leader di Hamas.

Al-Arouri, 57 anni, era vice del leader politico supremo del gruppo palestinese, Ismail Haniyeh e considerato il leader de facto dell'ala militare di Hamas in Cisgiordania. Al-Arouri era anche una figura di collegamento chiave con Hezbollah.

Haniyeh ha dichiarato che «Questo crimine verrà punito».

La recente uccisione è la prima volta prima volta dall’inizio della guerra che Israele si spinge in un altro Paese per prendere di mira vertici di Hamas, molti dei quali vivono in esilio in tutto il mondo.

L’attacco israeliano sul territorio libanese potrebbe far precipitare il conflitto in una guerra totale tra Israele e il Libano.

Intanto l'intelligence turca (Mit) ha arrestato nei pressi di Aleppo, in Siria, Abdullah al Jundi, un membro di alto profilo del gruppo estremista dello Stato islamico (ISIS) e noto come e Khattab al-Muhajir “il migrante”.

Al Jundi è stato accusato da Ankara di star pianificando attacchi contro le forze turche.

Il giorno seguente l’assassinio di al-Arouri in Libano, l’inizio del nuovo anno ha fatto registrare oltre 100 vittime nella strage di Kerman in Iran.

2 esplosioni sono avvenute durante un evento che commemorava il quarto anniversario dell’uccisione del generale Qassem Soleimani, capo della Forza Quds, un braccio del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche, ucciso in un raid americano in Iraq il 3 gennaio 2020. Le esplosioni sono avvenute vicino alla sua tomba a Kerman. Le immagini sembrano suggerire che la seconda sia avvenuta circa 15 minuti dopo la prima. Un secondo scoppio ritardato viene spesso utilizzato dai terroristi per mirare ai soccorsi e infliggere più vittime.

L’ISIS ha rivendicato l’attentato con una dichiarazione pubblicata sui canali Telegram affiliati.

L’ISIS nutre un violento odio per gli sciiti, considerati alla stregua degli infedeli occidentali.

La comunità sciita, dominante in Iran, Libano e Siria, è spesso bersaglio di attacchi in Afghanistan per mano dello Stato Islsmico (sunniti).

Nel 2022, l’ISIS ha rivendicato la responsabilità di un attacco contro un santuario sciita in Iran, nel quale sono state uccise 15 persone, mentre rivendicazioni precedenti includono attentati del 2017 che hanno colpito contemporaneamente il Parlamento iraniano e la tomba dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, fondatore della Repubblica Islamica.

La repressione portata avanti dai talebani ha indebolito l’ISIS-K in Afghanistan, costringendo alcuni membri a trasferirsi nei Paesi limitrofi, sebbene il gruppo continui a pianificare operazioni al di fuori del Paese. Secondo una pubblicazione del “Combating Terrorism Center di West Point”, l’aumento dell’attenzione “estera” dell’ISIS-Khorasan è probabilmente lo sviluppo più preoccupante anche per l’Occidente.

Dall’analisi degli eventi appare evidente la centralità della dicotomia sunnita/sciita in uno scenario con diversi attori e forze in campo.

Da una parte il gruppo sciita Iran-Libano (Hezbollah)-Siria, al quale vanno aggiunti gli Houthi dello Yemen, che con la morte di al-Arouri ed il massacro di Kerman hanno subito un duro colpo.

Dall’altro il restante mondo arabo sunnita che assiste, in parte passivamente, al conflitto israelo-palestinese nonostante la componente sunnita coinvolta.

Nel mezzo lo Stato Islamico che sta cercando di inserirsi per riacquisire credibilità, adepti e visibilità internazionale incurante della caccia serrata ad alcuni dei suoi leader come nel caso di Abdullah al-Jundi.



(Fonte: mehrnews)

Parigi: «Morirete tutti!»

La polizia di Parigi ha sparato e ferito gravemente una donna che indossava un hijab che avrebbe gridato «Allahu Akbar. Morirete tutti».

La donna, completamente velata, è stata colpita martedì mattina alla stazione della Bibliotheque François-Mitterrand.

L'identità della donna non è stata ancora confermata ma, secondo il capo della polizia di Parigi Laurent Nunez, potrebbe essere la stessa persona che nel 2021 ha minacciato le pattuglie urbane dell'operazione di antiterrorismo Sentinelle ed era stata messa in un reparto psichiatrico per problemi di salute mentale.

La donna non era in possesso di esplosivi nel momento in cui è stata colpita.

La Francia è al suo più alto stato di allerta dopo l'omicidio del 13 ottobre di un insegnante in un sospetto attacco islamista che gli investigatori francesi collegano a quella che hanno definito una “atmosfera jihadista”, indirettamente legata alla guerra israelo-palestinese.

La confusione mediatica del conflitto, portata dal piano politico a quello religioso-culturale, potrebbe innescare singoli individui, con fragilità mentale, nel compiere analoghe azioni.


(Fonte immagine: reuters)

Napoli: espulso membro dell’ISIS

Ousmam Sillah, 28enne gambiano sbarcato in Italia nel 2016, è stato espulso in esecuzione di un provvedimento firmato dal prefetto di Cosenza.

Dalle indagini risultava aver frequentato un campo dell'Isis in Libia ed era stato condannato dalla Corte di assise di Napoli a cinque anni di carcere per partecipazione all'organizzazione terroristica.

Il 28enne era finito nel mirino degli investigatori nell'ambito degli accertamenti fatti a carico di Alagie Touray, arrestato a Napoli nel 2018 per terrorismo nell'ambito di una operazione congiunta Digos e Ros.


(Fonte notizia: ilmattino)

(Fonte immagine: lacnews24)