Niger: il golpe e lo Stato Islamico del Sahel

Il 26 luglio il generale Abdourahamane Tchiani, capo della guardia presidenziale, ha rovesciato con un golpe il governo del presidente eletto Mohamed Bazoum, ordinandone l’arresto. L’esercito ha preso il potere nel paese saheliano, in cui vivono venti milioni di abitanti, uno dei più poveri dell’Africa occidentale, nonostante sia tra i più ricchi al mondo di uranio e assicuri il venti per cento delle importazioni di questo minerale all’Unione europea (con future ripercussioni sulla produzione UE di energia nucleare).

Tchiani ha annunciato la sospensione di tutte le attività dei partiti politici fino a nuovo ordine.

La Francia, dalla quale in Niger ha ottenuto l’indipendenza nel 1960, ha annunciato un’evacuazione programmata dal Niger dei cittadini francesi ed europei, dopo che il colpo di stato militare ha ottenuto anche l’appoggio di altre due nazioni dell’Africa occidentale, il Mali e il Burkina Faso.

Nel mentre l’Ambasciata francese nel Paese africano è stata assaltata.

In una dichiarazione congiunta del Mali e del Burkina Faso, i rispettivi governi militari hanno dichiarato che «qualsiasi intervento militare contro il Niger sarà considerato come una dichiarazione di guerra contro il Burkina Faso e il Mali».

Situato nel cuore del Sahel, il Niger è l’ultimo alleato con cui la Francia, ex potenza coloniale, mantiene un’alleanza militare in una regione segnata dall’instabilità e da attacchi di gruppi islamisti legati allo Stato islamico e ad Al Qaeda. Dopo Mali e Burkina Faso, è il terzo paese della regione a subire un colpo di stato dal 2020.

Il Paese africano era visto come l’ultimo a collaborare con l’Occidente contro l’estremismo in una regione francofona dove il sentimento antifrancese è diventato predominante e dopo che i vicini Mali e Burkina Faso hanno estromesso l’esercito francese

In questo scenario non accenna a placarsi e continua a preoccupare la situazione in Sudan in cui il conflitto prosegue nonostante le diverse iniziative di dialogo.

Ad oggi la lotta per il potere tra l’esercito e le RSF (Rapid Support Forces - forze paramilitari sudanesi) ha ucciso più di 3.000 civili e ne ha fatti sfollare più 3 milioni.

In questo blog è stato più volte affrontato il tema del nuovo califfato del Sahel e, non a caso, il Marocco ha chiesto, davanti al Consiglio per la pace e la sicurezza (PSC) dell’Unione africana (UA) ad Addis Abeba, una risposta regionale per contrastare il terrorismo e l’estremismo violento nel Sahel. (https://northafricapost.com/69702-morocco-calls-for-coherent-viable-regional-response-to-counter-terrorism-extremism-in-the-sahel.html)

Nel corso di un vertice delle Nazioni Unite dello scorso giugno, gli esperti antiterrorismo hanno detto che l'Africa è ora il punto caldo del terrorismo del mondo, con la metà delle vittime uccise l'anno scorso nell'Africa subsahariana.

Gli esperti vedono anche altre tendenze: il deterioramento della sicurezza globale sta rendendo la minaccia del terrorismo «più complessa e decentralizzata». Gli estremisti utilizzano sempre più tecnologie sofisticate e i droni e l'intelligenza artificiale hanno aperto nuovi modi per pianificare ed eseguire attacchi. (https://apnews.com/article/un-terrorism-alqaida-islamic-state-africa-5a61cd4aaf34b79a46ca4fe9899af896)


(Fonte immagine: aljazeera)