Brahim Aouissaoui, l’attentatore alla Basilica di Nizza del 29 ottobre 2020, è condannato all'ergastolo lo scorso 26 febbraio. Aouissaoui era arrivato a Lampedusa solo due mesi prima dell’attentato terroristico in cui aveva selvaggiamente ucciso tre persone con un coltello da cucina. Al netto della condanna (alla quale ha già presentato appello), appaiono estremamente rilevanti le sue dichiarazioni, al fine di meglio comprendere l’idrologia jihadista. Aouissaoui, che ha ammesso le sue azioni, ha dichiarato «Sì, riconosco i fatti, ma ho delle cose da dire al riguardo». Ha quindi rivendicato il suo atto, evocando il “diritto” i vendicare i musulmani uccisi nel mondo dall’Occidente. Gli avvocati generali della Procura nazionale antiterrorismo (Pnat) hanno descritto un Brahim Aouissaoui «chiuso nel suo fanatismo totalitario e barbaro». Secondo le parole di uno dei due magistrati, «14 minuti di una scena dell'orrore di assoluta crudeltà, in un luogo sacro e fuori dal tempo». La chiave di lettura è però racchiusa nella dichiarazione finale di Aouissaoui: «Non sono un terrorista, sono un musulmano». Nella visione ideologica jihadista, azioni come quelle di Nizza “devono” essere considerate “normali”. È fondamentale ricordare che quando un attentatore compie un attentato, secondo la nostra prospettiva ci sta attaccando ma secondo la sua sta difendendo l’Islam. Questo è uno dei tanti elementi che servono per conoscere, comprendere e contrastare l’ideologia jihadista. (Fonte immagine: indusscrolls)