La notte tra il 13 e il 14 novembre del 2015, nove terroristi dello Stato Islamico portarono a termine uno dei più gravi attacchi terroristici mai realizzati in Occidente. Tre azioni coordinate in diversi luoghi della città di Parigi causò la morte di 130 persone e il ferimento di oltre 400. Gli obiettivi furono lo Stade de France, alcuni bar e ristorante della capitale e il teatro del Bataclan. La sequenza di attacchi del 13 novembre 2015, in termini di vittime, rimane la più letale realizzata in Occidente negli ultimi quindici anni; seconda soltanto agli attentati di Madrid dell’11 marzo 2004. Un successo dal punto di vista operativo ma anche dal punto di vista strategico se si considera che condusse il governo francese a chiudere le frontiere generando ciò che viene definito blocco funzionale. La strage ha segnato l’apice di un’ondata di terrorismo jihadista grazie allo slancio a processi di mobilitazione jihadista nel cuore dell’Europa. La letalità degli attacchi è stata per buona parte dovuta alle modalità di esecuzione della violenza, grazie alle armi impiegate (ordigni esplosivi e fucili mitragliatori) e alla minuziosa preparazione organizzata direttamente dallo Stato Islamico. Al contrario, la maggior parte degli atti di terrorismo degli ultimi anni, specialmente dopo il 2017, viene pianificata e realizzata da singoli attentatori o minuscole cellule, spesso soltanto ispirati a distanza dalla causa globale dello jihadismo. Oggi, benché lo Stato Islamico non disponga delle risorse per replicare un attacco similare, come dimostrato dai successivi fatti di Bruxelles, resta alta l’attenzione. Nell’immaginario collettivo, invece, la terminologia della parola “attentato” riporta alla mente le immagini del Bataclan. Il terrore immaginato diventa “reale” nella mente della gente comune. In questo, lo Stato Islamico ha vinto. (Fonte immagine: theguardian.com)